Credere nel valore dell’impegno e del duro lavoro: il Growth Mindset

Growth Mindset

Secondo Carel Dweck, ricercatrice dell’Università di Stanford, esistono due tipi di mentalità: la mentalità fissa (‘fixed mindset’) e la mentalità dinamica (‘growth mindset’). E ‘growth mindset’ è proprio il nome con cui la sua decennale ricerca riguardo intelligenza, attitudine e mentalità è conosciuta in tutto il mondo.

In modo molto semplice, possiamo riassumere che chi è orientato verso la mentalità fissa crede che l’intelligenza sia un qualcosa di finito dato alla nascita (chi ne ha tanta, chi ne ha un po’, chi ne ha poca) e che il successo sia dovuto al talento innato. Viceversa, chi tende verso la mentalità dinamica crede che l’intelligenza possa essere allenata, aumentata, e il successo sia dovuto alla tenacia, al duro lavoro, alla volontà di imparare.

Mindset e studenti: un primo sguardo

Nel corso delle sue numerose ricerche condotte nelle scuole americane, Dweck ha notato come gli studenti con mentalità fissa siano spesso riluttanti a tentare cose nuove perché temono di apparire stupidi di fronte ai compagni. Sono quegli studenti che cercano sempre di risultare intelligenti, che non reagiscono bene quando commettono degli errori o se c’è qualcosa che non capiscono.

Gli studenti con mentalità dinamica, invece, imparano dai propri errori e si mettono in gioco. Non credono che chiunque possa diventare Einstein, ma capiscono che Einstein è diventato Einstein dopo anni e anni di sforzi.

Mindset e risultati scolastici

Una delle ricerche sul growth mindset più importanti è stata fatta con centinaia di studenti americani al passaggio alla scuola secondaria (seventh grade). Avevano in comune risultati scolastici precedenti simili ed estrazione sociale.

All’inizio del primo anno scolastico di scuola secondaria, Dweck e il suo team di ricerca hanno misurato la mentalità di ognuno di questi studenti. Poi, ne hanno osservato per due anni i risultati scolastici e l’atteggiamento verso l’apprendimento. Sebbene avessero cominciato la scuola secondaria con un livello accademico praticamente identico, nei successivi due anni gli studenti con la mentalità dinamica hanno fatto molto meglio di quelli con mentalità fissa.

Perché gli studenti con mentalità dinamica ottengono risultati migliori di quelli con mentalità fissa?

Per prima cosa, hanno obiettivi differenti: gli studenti con mentalità fissa vogliono apparire intelligenti sempre e ad ogni costo, quindi si trovano spesso a soppesare la difficoltà delle varie attività o esercitazioni e scegliere quelle che non rivelino le loro mancanze. Al contrario, gli studenti con mentalità dinamica vogliono imparare sempre e ad ogni costo.

Un’altra regola fondamentale della teoria del growth mindset è legata al valore dato allo sforzo, all’impegno: per chi ha una mentalità fissa questi hanno un valore negativo perché secondo loro chi è capace e talentuoso non dovrebbe sforzarsi; se bisogna impegnarsi molto e darsi da fare, significa che non ci sono abilità, predisposizione o talento. Tutto questo è pericolosissimo, e spiegherebbe come mai tanti studenti non riescano a raggiungere il proprio potenziale: non ci provano abbastanza, si arrendono prima. 

Infine, le reazioni a battute d’arresto, errori, carenze: nella mentalità fissa esse misurano l’individuo e ne rivelano i limiti. Gli studenti spesso tentano di nascondere i propri errori e tenere segreti i propri difetti. Questo tipo di mentalità non fornisce agli studenti gli strumenti necessari per gestire momenti di difficoltà: “se non mi riesce, significa che non sono intelligente”. Chi è guidato da una mentalità dinamica invece vede errori e battute d’arresto come step necessari nel processo d’apprendimento, sono inevitabili quando si provano cose nuove o più complesse del solito.

Altri pericoli legati alla mentalità fissa

Come spiegato in precedenza, chi ha una mentalità fissa non sa reagire alle difficoltà e alle battute d’arresto, perché queste mettono in discussione la loro intelligenza. I comportamenti con cui questo malessere spesso si manifesta sono lo scoraggiamento, l’arrendersi, la svogliatezza, l’arrabbiarsi, l’incolpare i compagni o l’insegnante, oppure il mettersi sulla difensiva dicendosi annoiati. Secondo Dweck, quando uno studente di fronte a un’attività dice “che noia” in realtà è un segnale per “ho paura di provare”.

Come promuovere e facilitare la mentalità dinamica nei nostri studenti?

Dopo aver studiato per più di quindici anni gli effetti che commenti, feedback e lodi da parte degli insegnanti hanno sugli studenti, Dweck ha concluso che sono questi lo strumento più prezioso e potente a nostra disposizione per promuovere una mentalità dinamica. Ecco alcune linee guida da seguire: 

  1. Non lodare l’intelligenza. Commenti come “Ottimo lavoro, sei proprio portata per la matematica!”, “Wow! Sei uno scrittore nato!” o “Perfetto, sei davvero intelligente, sono fiero di te” portano alla mentalità fissa. Se quegli stessi studenti, in futuro, non riuscissero a risolvere un problema di matematica o a scrivere un saggio breve, probabilmente non saprebbero come fronteggiare la difficoltà perché per loro significherebbe che in realtà lei non era portata per la matematica e lui non era uno scrittore nato.
  2. Non lodare la velocità con cui un’esercitazione è stata svolta. Anche questo rafforza una mentalità fissa, in quanto non c’è niente di sbagliato nel doversi prendere più tempo per completare qualcosa.
  3. Lodare il processo che hanno affrontato: strategie utilizzate, impegno richiesto, concentrazione, duro lavoro. Il commento da evitare visto al punto uno “Ottimo lavoro, sei proprio portata per la matematica!”, così, dovrebbe diventare qualcosa come “Ottimo lavoro, devi esserti impegnata veramente molto!”, oppure “Vedo che hai applicato tutti i passaggi di cui abbiamo parlato stamani, ti sei concentrata tanto sul tuo lavoro, bravissima!”. In questo modo, promuoviamo valori come l’impegno, la concentrazione, lo sforzo.
  4. Promuovere la curiosità e la passione per attività fuori dalla zona di conforto. Quando uno studente ha completato gli esercizi assegnati e abbiamo commentato riferendoci al processo, mettiamolo di fronte a qualcosa di ancora più impegnativo. Per esempio: “Hai applicato tutti i passaggi per sommare due numeri, ti sei concentrata tanto sul tuo lavoro, bravissima! Ora ho una sfida per te: perché non provi queste somme tra tre numeri?”.
  5. Celebrare gli errori: gli studenti devono sentirsi liberi di provare senza paura di sbagliare. Insegnante, di fronte alla classe: “Chi può aiutarmi a risolvere 12+3?”
    Luca: “Io! Prima sommo il 3 e l’1 che fanno 4, poi mantengo il 2… fa 42!”
    Insegnante: “Buon tentativo Luca, grazie. Hai commesso un solo errore, davvero prezioso perché può aiutare tutti noi a imparare come fare queste addizioni. Dobbiamo ricordarci di sommare tra loro…”
  6. Utillizzare l’espressione “non ancora” per chi è in difficoltà. C’è un oceano di differenza tra il ricevere un test corretto dall’insegnante e leggere “Non sai risolvere espressioni di primo grado” o “Non sai ancora risolvere espressioni di primo grado”. Il secondo tipo di commento promuove l’idea dell’apprendimento come un viaggio, un percorso, e dire che questo studente non è ancora in grado di fare qualcosa lascia intendere che ce la potrà fare.

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About Mr Bellana

Luca Bellana è insegnante, head of Phonics e coordinatore del team di ricerca in una scuola primaria di Londra. È specializzato nell’utilizzo della ricerca scientifica nell’insegnamento. Scrive per “Parliamo di insegnamento” articoli su ricerche, pubblicazioni e studi di rilevanza in campo educativo.

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